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Nel corso del Novecento, l’architettura non fu soltanto un’espressione artistica, ma si trasformò in un vero e proprio strumento di comunicazione politica. I regimi totalitari, e in particolare il fascismo in Italia, compresero il potere simbolico di edifici, piazze e interi quartieri per trasmettere valori come autorità, ordine e identità nazionale.
L’architettura divenne così uno dei mezzi più efficaci della propaganda del regime. Mussolini capì quanto fosse strategico modificare il paesaggio urbano per diffondere un messaggio visivo di forza, controllo e modernità.
Attraverso la realizzazione di grandi opere monumentali e la fondazione di nuove città, il fascismo cercò di lasciare un segno tangibile e duraturo, celebrando la propria grandezza e richiamando il mito dell’Impero romano. Parallelamente, il regime promosse anche il razionalismo architettonico, uno stile moderno e funzionale, basato su semplicità, geometria e rigore formale.
In questa sezione vedremo come monumentalismo e razionalismo siano stati due strumenti essenziali del regime fascista, e come l’arte e l’urbanistica siano state utilizzate per plasmare la società secondo l’ideologia dominante.
Il monumentalismo è uno stile architettonico che punta all’imponenza e alla scenografia. Gli edifici monumentali sono costruiti su larga scala, con forme semplici ma potenti, in grado di colpire l’immaginazione del cittadino. L’obiettivo era chiaro: rappresentare la forza dello Stato.
Uno degli architetti più importanti di questo stile fu Marcello Piacentini, autore di molti progetti del periodo fascista. Tra i più celebri troviamo:
Via della Conciliazione: una strada che collega Roma a San Pietro, simbolo dell’accordo tra Stato e Chiesa;
La Città Universitaria di Roma: costruita per formare le future classi dirigenti;
Il Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR, conosciuto come il “Colosseo Quadrato”, esempio perfetto di monumentalismo moderno.
Il monumentalismo serviva anche a evocare l’antica Roma imperiale, richiamando un passato glorioso per dare legittimità al presente fascista.
Accanto al monumentalismo, si sviluppò un’altra corrente architettonica chiamata razionalismo. Nata negli anni ’20 e ’30, fu influenzata dal modernismo europeo e si basava su geometria, funzionalità ed essenzialità. L’idea era che la forma dovesse seguire la funzione.
Il razionalismo si esprimeva in edifici privi di decorazioni inutili, costruiti con materiali moderni come cemento armato e vetro. Le strutture dovevano essere pratiche, razionali e adatte alla vita moderna.
Un esempio significativo di città razionalista è Sabaudia, costruita in meno di un anno nel 1933. Tutto è studiato per essere efficiente: le strade sono dritte, la piazza centrale è collegata agli edifici principali, come il municipio e la torre littoria.
Anche città come Littoria (oggi Latina) e Pontinia furono costruite secondo questi criteri, soprattutto nelle zone bonificate.
Entrambi gli stili – monumentale e razionale – riflettono l’ideologia fascista:
Il monumentalismo rappresenta la grandezza del regime, la sua forza eterna;
Il razionalismo mostra l’ordine e l’efficienza dello Stato, in grado di organizzare ogni aspetto della vita dei cittadini.
I quartieri venivano progettati per trasmettere disciplina, con grandi spazi pubblici studiati per ospitare parate, comizi e celebrazioni del regime.
L’arte, l’architettura e la città diventavano strumenti per educare il popolo, per guidare il comportamento e mostrare la potenza del fascismo.
Il fascismo ha saputo usare l’architettura come mezzo di comunicazione di massa. I monumenti e le città costruite in quel periodo non erano solo opere funzionali ma veri e propri manifesti ideologici, progettati per durare nel tempo e imprimere nella mente dei cittadini l’immagine del potere.
Oggi possiamo visitare questi luoghi con uno sguardo critico, consapevoli del loro valore artistico ma anche del loro significato storico e politico.