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Durante il Novecento, i regimi totalitari come il nazismo e il fascismo sfruttarono lo sport come strumento di propaganda politica. Le vittorie sportive erano considerate un modo per dimostrare la superiorità fisica e morale della nazione. L’atleta ideale doveva rappresentare i valori del regime: forza, disciplina, resistenza e obbedienza.
Soprattutto l’atletica leggera che comprende corse, salti e lanci, fu considerata la disciplina perfetta per esaltare il corpo e il sacrificio individuale. Non a caso, fu inserita al centro dell’educazione scolastica nei paesi totalitari: i giovani venivano allenati fin da piccoli per diventare forti e obbedienti.
Le Olimpiadi di Berlino del 1936 furono un esempio perfetto di come lo sport potesse essere usato per fini politici. L’evento fu organizzato dal regime di Adolf Hitler, che voleva mostrare al mondo la grandezza della Germania nazista.
La Germania venne preparata nei minimi dettagli: nuovi stadi furono costruiti, furono girati film di propaganda (come quelli della regista Leni Riefenstahl) e fu creato un clima di festa e potenza. Hitler voleva dimostrare che la Germania era una Nazione forte, ordinata e superiore.
Furono i primi Giochi trasmessi in diretta radiofonica e filmati in modo professionale: un grande spettacolo mondiale ma con un obiettivo preciso: glorificare il regime.
Tuttavia, le cose non andarono esattamente come Hitler aveva previsto. A vincere quattro medaglie d’oro nell’atletica leggera fu un atleta afroamericano, Jesse Owens, che smentì pubblicamente l’idea della superiorità della “razza ariana”.
Owens vinse nei 100 metri, 200 metri, salto in lungo e staffetta 4x100 metri.
Il pubblico tedesco lo applaudì con entusiasmo ma, durante i giochi si verificò un episodio molto discusso che coinvolse l’atleta Jesse Owens e Adolf Hitler. Il 4 agosto, allo stadio olimpico, il Führer era presente tra il pubblico. Quel giorno, Owens vinse la gara di salto in lungo, superando l’atleta tedesco Luz Long che era non solo il miglior saltatore tedesco ma anche un suo amico.
Secondo alcune versioni dell’epoca, Hitler, contrariato dalla vittoria dell’atleta afroamericano su un tedesco, avrebbe abbandonato lo stadio per non dovergli stringere la mano. Tuttavia, nella sua autobiografia The Jesse Owens Story, Owens racconta che Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano, come gesto di saluto.
«Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un'ostilità che non ci fu affatto.»
(Jesse Owens, The Jesse Owens Story, 1970)
Il fatto venne confermato anche da Eric Brown (1919–2016), pilota della Fleet Air Arm, che nel 2014 dichiarò in un documentario della BBC: «Sono stato testimone del saluto a Jesse Owens di Hitler, il quale si congratulò con lui per i risultati raggiunti.»
(Eric Brown, Britain's Greatest Pilot: The Extraordinary Story of Captain Winkle Brown)
Il trionfo di Owens comunque diventò un simbolo della sconfitta dell’ideologia razzista. La sua impresa mostrò al mondo che lo sport non ha razza e che il talento e la determinazione sono universali.
Sia in Germania che in Italia l’educazione fisica aveva un ruolo centrale nella scuola. I giovani erano educati a essere sani, forti e pronti a servire la patria. In Italia, durante il fascismo, la ginnastica e l’atletica venivano insegnate fin dalle scuole elementari ed esistevano organizzazioni come l’Opera Nazionale Balilla per l’addestramento dei ragazzi.
L’atletica leggera, in particolare, era considerata una disciplina completa, perché univa forza, velocità e tecnica. Serviva a plasmare il corpo e la mente, rendendo i giovani disciplinati, resistenti alla fatica e obbedienti.
Questo uso politico dello sport era pensato per formare il “cittadino ideale”: forte, leale al regime e disposto a combattere.
L’atletica leggera è una delle discipline più antiche dello sport.
Si divide in tre grandi categorie:
Corsa (velocità, mezzofondo, fondo, ostacoli, staffette)
Salti (in lungo, in alto, triplo, con l’asta)
Lanci (peso, disco, giavellotto, martello)
È uno sport individuale, in cui si gareggia contro il tempo o contro una misura. Richiede allenamento fisico e mentale, concentrazione e spirito di sacrificio.
L’atletica è anche uno sport molto democratico, perché si può praticare con attrezzature semplici ed è accessibile a tutti.
Le Olimpiadi del 1936 mostrarono come lo sport possa essere usato anche per fini politici. I regimi totalitari cercavano di trasformare l’atleta in un simbolo di potenza nazionale. Ma il successo di Jesse Owens dimostrò che lo sport è più forte della propaganda e che l’atletica esalta il valore della persona non dell’ideologia.
Oggi lo sport continua a essere uno strumento di unione, rispetto e confronto leale tra popoli.
Studiare questo evento ci aiuta a capire come difendere lo sport da ogni manipolazione politica e a riscoprire il suo vero spirito.