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Nel corso del Novecento, i regimi totalitari non solo controllarono la cultura e la politica ma intervennero in modo massiccio anche sull’ambiente e sull’economia. Le bonifiche agrarie, le grandi opere idrauliche e lo sviluppo dell’industria dell’acciaio furono strumenti fondamentali per costruire una nuova immagine dello Stato: efficiente, moderno e potente.
Attraverso queste trasformazioni, il territorio veniva modellato secondo l’ideologia del regime. La natura doveva essere domata, resa produttiva e “utile” alla nazione. L’uso della tecnologia serviva quindi non solo a migliorare la vita dei cittadini, ma anche a dimostrare la forza dello Stato.
In questa sezione approfondiremo come il fascismo, il nazismo e lo stalinismo usarono la tecnica per scopi politici, analizzando le bonifiche agricole, le principali tecnologie idrauliche impiegate e il ruolo strategico della produzione di acciaio.
Uno dei grandi progetti del regime fascista fu la bonifica delle paludi, in particolare nella Maremma toscana e nell’Agro Pontino. Prima dell’intervento, queste zone erano insalubri, abitate da poche persone e colpite dalla malaria. Con la bonifica, Mussolini voleva recuperare terre coltivabili, ma anche dimostrare che il regime era in grado di “domare la natura”.
La bonifica aveva anche uno scopo politico e propagandistico: creare nuovi centri abitati e trasformare il territorio in simbolo dell’efficienza fascista. Le famiglie contadine che venivano trasferite in queste nuove città erano scelte con cura e dovevano rappresentare il “modello” del cittadino rurale fascista.
La bonifica si realizzava con tecniche ingegneristiche e idrauliche complesse:
Costruzione di canali di scolo per far defluire l’acqua stagnante;
Impianti di sollevamento con pompe per asciugare i terreni più bassi;
Argini e dighe per controllare i corsi d’acqua e prevenire inondazioni;
Uso di macchine escavatrici e operai specializzati per modellare il terreno.
Dopo il prosciugamento, si procedeva alla disinfestazione della malaria e alla coltivazione dei campi. I nuovi borghi venivano costruiti secondo criteri razionalisti e avevano scuole, chiese, caserme e case coloniche.
Il progetto fu tecnologicamente avanzato per l’epoca e rappresentava un grande impegno di risorse e organizzazione.
Oltre all’agricoltura, i regimi totalitari investirono molto anche nell’industria pesante, in particolare nella produzione di acciaio. Questo materiale era fondamentale per lo sviluppo militare e infrastrutturale: veniva usato per costruire ponti, treni, fabbriche, mezzi da guerra e grattacieli.
L’acciaio è una lega composta principalmente da ferro e carbonio, spesso arricchita con altri elementi. È:
Resistente alla trazione e agli urti,
Duttile, cioè si può lavorare facilmente,
Anticorrosivo, se trattato correttamente,
Riciclabile, quindi adatto a produzioni massive.
La produzione dell’acciaio avviene in grandi altiforni, dove il minerale di ferro viene fuso insieme a carbone (coke) ad altissime temperature. Una volta separate le impurità, si ottiene l’acciaio grezzo, che può essere poi colato in stampi o laminato.
In URSS, Stalin organizzò la produzione industriale con i piani quinquennali che fissavano obiettivi precisi da raggiungere. In Germania, Hitler puntò anche sull’industria bellica e sulla costruzione di infrastrutture (come le autostrade).
La tecnologia fu al centro della propaganda totalitaria: le bonifiche agrarie mostrarono il controllo sulla natura, mentre l’acciaio rappresentava la potenza industriale. Questi progetti servivano a creare una società moderna, controllata e produttiva ma sempre sotto la guida rigida dei regimi.
Oggi possiamo studiare queste opere per capire come la tecnica possa essere usata sia per costruire che per dominare e quanto sia importante mettere sempre la scienza al servizio della libertà e del benessere collettivo.